Riflessioni sul 9 maggio – dalla Comunità del Collegio europeo di Parma

Cosa significa l’Europa per me?

Europa per me è il fecondo valore della diversità, il vitale anelito della libertà, le profonde radici della storia. Europa è magia inebriante dell’arte, bellezza primordiale della natura,forza solida e pacifica della cultura. È il luogo del sacrale rispetto per la persona ed insieme della responsabilità dell’individuo verso la comunità. Dove il pluralismo delle idee, la tutela dei diritti e la valorizzazione dei talenti, liberi di competere e cooperare, creano le condizioni per generare prosperità e benessere diffusi. L’Europa per tutto questo è la mia casa, Europa é casa mia. E spero e voglio con tutto me stesso che possa sempre esserlo, ancora più forte ed aperta al mondo, per i miei figli e per i miei nipoti.

Marco

Cosa significa l’Europa per me?

Per me l’Europa è il luogo in cui comunità, sicurezza, opportunità e libertà si intrecciano. Eppure, per molti, oggi l’Europa appare lontana, incerta, a tratti irrilevante. Proprio per questo credo che la formazione sui temi europei sia essenziale per superare queste distanze, comprendere le sfide comuni e rafforzare il senso di appartenenza.

Solo attraverso la conoscenza possiamo diventare cittadini consapevoli e attori del futuro dell’Unione.

Cosa significa l’Europa per me?

L’Europa rappresenta uno spazio comune fatto di riferimenti geografici, ma soprattutto una realtà in cui vengono condivisi valori comuni.

Al centro di questa costruzione, c’è un’eredità storica composta da riferimenti ed eventi che fanno parte del patrimonio tradizionale comune dei paesi europei. L’idea di un’Europa politica non è solo il risultato degli ultimi settant’anni. Tuttavia, si può affermare che diventa effettiva con la creazione di un sistema istituzionale stabile nel 1957, grazie alla firma del Trattato di Roma. La definizione di Unione Europea è invece dovuta alla ratifica del Trattato di Maastricht nel 1992. Il passaggio dal concetto di « Comunità » al concetto più forte di « Unione Europea » è stato significativo, perché a un certo punto gli Stati membri sono diventati abbastanza maturi da riconoscere che erano legati l’uno all’altro non solo da vantaggi economici.

Oggi, l’UE non è né uno Stato né un’organizzazione internazionale classica, perché le decisioni istituzionali hanno un forte impatto sulla vita dei cittadini europei, tanto quanto le decisioni nazionali. L’Europa è una creatura unica, fondata sul sogno di unità e pace in un continente che è stato segnato da conflitti per secoli. Inoltre, questo sogno non è rimasto solo un’aspirazione generale scritta su vecchie dichiarazioni polverose, ma è diventato concreto, economicamente, politicamente e socialmente parlando. Di conseguenza, la conoscenza della struttura e delle attività dell’UE è fondamentale per esercitare pienamente la cittadinanza europea.

Sono fermamente convinta che il percorso debba essere orientato verso un passo importante e fondamentale per fare dell’Europa una vera entità federale: il progetto di una Costituzione comune. Abbiamo già le basi con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e le « tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri ».

Sarebbe illusorio considerare, allo stato attuale dei fatti, l’Unione Europea come il « migliore dei mondi possibili ». Ci sono molti miglioramenti che dovrebbero essere fatti per approfondire l’integrazione. L’Europa significa complessità e frammentazione, e spesso gli Stati membri tendono a enfatizzare la loro sovranità nazionale su questioni rilevanti come l’immigrazione, l’ambiente e la protezione sociale. Le sfide presenti e future devono essere affrontate insieme, poiché i paesi europei non sono più competitivi rispetto ai giganti come gli Stati Uniti o la Cina.

Inoltre, credo fermamente che in Europa sia fondamentale scegliere « cosa vogliamo diventare quando cresceremo ». Il contesto internazionale si trova a un bivio: da un lato le guerre, dall’altro la rivoluzione dell’I.A. (rivoluzione ontologica), e l’UE dovrebbe passare dall’adolescenza all’età adulta, formando la propria identità e diventando capace di mantenere una posizione ferma e comune. Questo è possibile solo tornando alle origini dell’Unione per recuperare lo scopo originale, adattandolo poi alla contemporaneità.

Per essere più concreti, le linee guida originali come i principi di democrazia, uguaglianza e pace dovrebbero essere integrate con la protezione dell’ambiente e una tecnologia orientata all’essere umano.

Laura Gigliotti

 

Cosa significa l’Europa per me?

Per me, l’Europa non è semplicemente un continente o un insieme di paesi: è, prima di tutto, uno spazio di scambio, comunicazione e sicurezza. È un luogo in cui idee, lingue, storia, culture, tradizioni e, soprattutto, persone attraversano i confini, creando così un modello unico di integrazione.

Non mi sono mai sentita veramente appartenere solo a uno Stato. In effetti, il mio senso di appartenenza è sempre stato più ampio, soprattutto considerando che provengo da una regione transfrontaliera. Ecco perché, dal mio punto di vista, essere europea è molto più di una semplice considerazione: è un privilegio che deve essere protetto e difeso.

Far parte dell’Europa significa appartenere a una comunità di persone che, nonostante le loro differenze, hanno scelto di condividere un cammino comune. Insieme, abbiamo deciso di costruire il nostro futuro sulla comunicazione e sulla pace, piuttosto che sulla divisione e sul conflitto.

Per concludere, l’Europa può essere paragonata a un porto sicuro in cui cercare protezione nei momenti di incertezza. Un esempio straordinario di cooperazione. È il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro.

Veronica Dreassi

 

Cosa significa l’Europa per me?

“Uniti nella diversità”, non c’è modo migliore per iniziare a spiegare cosa significhi l’Europa per me. Siamo 27 paesi con culture, lingue, tradizioni, pensieri politici diversi e, tuttavia, siamo stati in grado di creare una nuova e unica entità: l’Unione Europea. Un’entità che persino gli esperti faticano a definire, poiché si tratta di un’organizzazione completamente innovativa.

Non voglio concentrarmi su cosa sia tecnicamente l’Unione Europea, ma piuttosto su cosa rappresenti per me. L’UE significa opportunità, libertà, multiculturalismo, multilinguismo e forza, ma anche sfida, negoziazione e compromesso. Questo per dire che, grazie all’UE, godiamo di molti diritti e benefici, ma non sono stati conquistati facilmente. L’Unione Europea che conosciamo oggi è il risultato di un lungo e complesso processo, durante il quale gli Stati membri hanno dovuto imparare a dialogare, a raggiungere compromessi e a lavorare insieme.

Quando le persone mi chiedono perché tengo così tanto all’UE e perché sia importante per me, la prima cosa che mi viene in mente è: la libera circolazione. Appartengo alla “generazione Schengen ed Euro”: non ho mai usato la vecchia valuta italiana e non ho mai sperimentato i controlli alle frontiere all’interno dell’UE. Solo quando ho viaggiato fuori dall’UE/dallo Spazio Schengen e ho affrontato tutta la burocrazia per ottenere un visto, ho veramente capito quanto siamo fortunati, come europei, a poter godere della facilità di movimento.

Una volta, il mio insegnante di liceo mi disse: “Quando viaggerai fuori dall’Europa, capirai cosa significa essere europei”. Ebbene, ho capito che far parte dell’UE è un privilegio, ma non possiamo darlo per scontato. L’UE è un progetto in continua evoluzione, e ognuno di noi può contribuire a plasmarne il futuro.

Valentina Giombetti

 

Cosa significa l’Europa per me?

Durante la mia adolescenza, come la maggior parte dei giovani, ho iniziato a pormi delle domande, a interrogarmi su ogni sorta di cosa. Sentivo che la mia comprensione del mondo era limitata e che dovevo approfondire, leggere ciò che altre persone più intelligenti ed esperte avevano scritto nel corso del tempo sulle questioni fondamentali dell’esperienza umana.

Ovviamente, avevo già iniziato questo percorso a scuola, leggendo autori italiani come Dante, Montale, D’Annunzio, ecc., ma non era affatto sufficiente. Ho trovato solide basi in Kierkegaard, poi Žižek, Chesterton, Camus, Ionesco, Pastakas e molti altri. Entrando nell’età adulta, la mia coscienza, il mio sistema di credenze e il mio modo di ragionare si sono formati grazie a una moltitudine di autori provenienti da diverse nazioni. E mentre, naturalmente, mi sentivo italiano, percepivo anche un forte legame con i miei concittadini europei, con i quali, a volte, paradossalmente, mi sentivo di condividere più cose che con i miei stessi connazionali. È stato bello scoprire che, grazie agli sforzi di grandi statisti come Schumann, De Gasperi, Delors e molti altri, quel sentimento non doveva essere semplicemente una caratteristica del mio carattere, ma era già stato tradotto in un’entità politica comune che ci permetteva di avere un’identità condivisa non solo nella mente, ma anche nella pratica.

Ho iniziato a capire come l’interconnessione tra le nazioni europee potesse promuovere non solo la prosperità economica, ma anche lo scambio culturale e la crescita intellettuale. L’Unione Europea, con i suoi confini aperti e i suoi quadri di collaborazione, è diventata un simbolo di speranza e progresso, un faro di libertà basato su valori fondamentali che sono stati sviluppati in questo continente e che, oggi, sono minacciati.

L’idea originale dell’Europa, un continente in cui nazionalismo e isolazionismo potessero essere superati attraverso la cooperazione e la comprensione reciproca, è stata oscurata dai fallimenti materiali dell’economia negli ultimi anni, dando vita, in tutto il mondo, a movimenti che cercano di tornare a un mondo di palizzate, bombe e orrori.

Ci siamo abituati al nostro stato di relativa prosperità e libertà. Mentre alcuni potrebbero sostenere l’idea di voltare le spalle a tutti i progressi che abbiamo realizzato, io credo fermamente che dovremmo lottare per una maggiore apertura, piuttosto che per un arroccamento; per lo scambio, piuttosto che per l’isolamento. L’idea di un’Europa unita possiede ancora un immenso potenziale che aspetta solo di essere realizzato, e spetta a noi farlo.

Matteo Pintore

 

Cosa significa l’Europa per me?

L’Europa è una promessa di pace e prosperità. A 75 anni dalla Dichiarazione di Schuman, che ha avviato la creazione della prima Comunità Europea, l’Unione Europea può giustamente celebrare il fatto di aver mantenuto quella promessa. Certamente, non è perfetta e molte persone si lamentano dell’Unione, ma le ultime generazioni non hanno mai combattuto una guerra in Europa e l’europeo medio gode di un buon tenore di vita, in Stati democratici ed economicamente avanzati.

L’Europa è una garanzia per tutti i nostri diritti e le nostre libertà. L’Unione Europea rappresenta un’area di libertà che è eccezionale nel mondo. Una gran parte del pianeta, governata da regimi autoritari e colpita da sottosviluppo economico, non riconosce affatto i diritti e le libertà che per un cittadino europeo medio sono considerati normali, se non addirittura scontati.

L’Europa è un metodo. È l’importanza di tutte le voci coinvolte che, attraverso processi difficili, cercano di raggiungere decisioni buone o almeno accettabili per tutti. Un’organizzazione democratica sovranazionale unica nel suo genere. Basta considerare la difficoltà di raggiungere accordi tra 27 Stati membri o anche solo di ottenere una maggioranza qualificata, senza parlare delle sfide di un Parlamento multinazionale, con tutte le lingue diverse parlate, che deve raggiungere anch’esso una maggioranza quando coinvolto nel processo legislativo.

L’Europa è diversità e, nonostante le differenze, gli Stati membri hanno trovato un modo per coesistere pacificamente in un continente in cui, per secoli, la guerra era il mezzo standard per risolvere le dispute tra Stati.

L’Europa è una speranza rassicurante. La possibilità di raggiungere un livello di prosperità maggiore unendo le forze delle diverse economie europee. La possibilità di arricchire ogni paese con l’esperienza degli altri. La possibilità di sinergie economiche o politiche. La possibilità di libera circolazione, per trovare un lavoro ovunque nell’Unione o per decidere di rimanere nel proprio paese di origine.

L’Europa è una struttura giuridica complessa che implica l’integrazione di molte leggi nazionali diverse sotto il primato del diritto europeo. L’Europa è la stabilità rappresentata dalla Banca Centrale Europea e dalla moneta unica.

L’Europa è il Mercato Unico. Una grande opportunità per tutte le nostre imprese di competere in un mercato più ampio di quello nazionale, una possibilità di crescita più ricca. Implica le quattro libertà che, in un certo senso, hanno cambiato la vita degli europei.

L’Europa è il progetto Erasmus. La possibilità per gli studenti europei di vivere un’esperienza in un altro paese durante gli anni universitari e di capire quanto sia vasta la nostra Unione e quanto siano diversi gli europei, pur facendo parte della stessa storia di integrazione.

L’Europa è la possibilità per tutti gli Stati membri di far parte di un’entità capace di giocare un ruolo sul palcoscenico mondiale. L’Unione Europea, insieme, può competere con tutte le grandi potenze in tutti i campi.

In conclusione, per me l’Europa è l’unica strada verso un futuro pacifico e prospero.

Augusto Crestani

 

Cosa significa l’Europa per me?

L’Unione Europea rappresenta una delle più grandi conquiste della civiltà umana, un esempio duraturo di ciò che le persone possono realizzare attraverso la pace, la cooperazione e i valori comuni.

Nata all’indomani di guerre devastanti, l’UE riflette la profonda consapevolezza che la guerra non solo blocca il progresso economico, ma danneggia anche la crescita morale e personale degli individui e delle società.

Rappresenta un cambiamento significativo nel modo in cui la regione vede sé stessa, costruita su un forte impegno verso i diritti umani universali e i valori fondamentali che ne costituiscono il principio guida.

Eppure, l’UE non è solo un prodotto della storia; è anche un progetto nuovo e in continua evoluzione, un motore vivo di integrazione che continua a promuovere, proteggere e praticare i suoi valori di democrazia, diritti umani e stato di diritto quotidianamente nei suoi 27 Stati membri.

Facendo questo, l’UE può essere vista sia come un simbolo sia come un meccanismo di progresso continuo, dimostrando che l’unità nella diversità non è solo possibile, ma essenziale per un futuro migliore, non solo in Europa, ma potenzialmente ovunque.

Matteo Sartorio

Cosa significa l’Europa per me?

Per me, l’Europa rappresenta sia una realtà vissuta che un’aspirazione condivisa, un progetto radicato nella pace, nell’unità e nella convinzione che la cooperazione possa superare i conflitti. Mentre celebriamo il 75° anniversario della Dichiarazione di Schuman, rifletto non solo sui successi storici dell’Europa, ma anche su ciò che l’Unione Europea continua a significare per la mia generazione e per il futuro che stiamo costruendo insieme.

L’Europa è, prima di tutto, uno spazio di pace. La Dichiarazione di Schuman immaginava un continente in cui la guerra non sarebbe stata solo « impensabile, ma materialmente impossibile ». Questa visione ha posto le basi per una stabilità senza precedenti, sostituendo secoli di rivalità con il dialogo e l’interdipendenza. Per me, l’UE è un promemoria quotidiano che la diplomazia, il compromesso e le istituzioni comuni possono superare anche le divisioni più profonde.

L’Europa è anche una comunità di valori. La democrazia, lo stato di diritto, la dignità umana e la solidarietà non sono principi astratti. Sono luci guida che orientano le politiche, proteggono i cittadini e rafforzano le nostre società. Come persona profondamente interessata al diritto europeo e alle politiche pubbliche, ammiro l’impegno dell’UE nel difendere questi valori in un contesto globale sempre più complesso e difficile. Non è sempre facile, ma resta essenziale.

Personalmente, l’Europa mi ha dato opportunità che non sarebbero esistite senza l’integrazione. La possibilità di studiare in lingue diverse, di collaborare con coetanei oltre i confini, di viaggiare liberamente e sentirmi a casa in diversi paesi: queste esperienze hanno modellato chi sono. Mi hanno reso più aperto, più curioso e più consapevole della responsabilità che deriva dall’essere cittadino europeo.

L’Europa è più che istituzioni e libertà. È un’unione di diversità. Ciò che mi ispira di più è come l’UE trasformi la differenza in forza, come 27 nazioni, ognuna con la propria lingua, storia e identità, riescano a legiferare, negoziare e immaginare un futuro comune. Non è sempre semplice, ma l’atto stesso di unirsi è ciò che dà all’Europa il suo carattere unico e la sua resilienza.

Allo stesso tempo, l’Europa è un progetto ancora in corso. Nuove sfide come il cambiamento climatico, le migrazioni, l’erosione democratica e l’instabilità geopolitica richiedono un impegno rinnovato. La Dichiarazione di Schuman era audace per la sua epoca, ma il suo spirito di innovazione e cooperazione è altrettanto necessario oggi. Essere europei significa impegnarsi attivamente in questa storia in evoluzione, contribuire con idee, chiedere conto alle istituzioni e non dare mai per scontata l’unità.

Per me, l’Europa è speranza. Non un ottimismo ingenuo, ma la convinzione che siamo più forti quando lavoriamo insieme, nonostante le nostre differenze. È sia un privilegio che una responsabilità far parte di questa Unione, e sono determinato a contribuire a plasmarne il futuro.

Settantacinque anni dopo la visione di Robert Schuman, vedo l’Europa non solo come una struttura politica, ma come una promessa di pace, progresso e appartenenza.

Francesca Pallucchini

 

Cosa significa per me l’Europa?

che senso ha una tale domanda? Come dire cosa significa per me la famiglia!

Appartengo, anzi ho la fortuna di appartenere, ad una generazione che non ha conosciuto né la guerra né le frontiere, ha solo avuto euro in tasca, può comunicare per telefono, o meglio attraverso il telefono, in qualsiasi paese europeo, inoltre ho la fortuna di poter comunicare nelle più diffuse lingue veicolari europee.

Quindi, l’Europa fa parte della mia vita. Allo stesso tempo, mi rendo conto che per molti giovani anche della mia generazione, i vantaggi dell’Europa sono meno visibili, a loro vorrei dire che i problemi, più grandi di noi, che abbiamo di fronte nel mondo possono trovare una soluzione se gli Stati europei agiscono insieme, in modo coordinato. Molto spesso una buona parte dei problemi che abbiamo li hanno anche i giovani di altri paesi, quindi tanto vale trovare delle soluzioni comuni. La delusione è che spesso i politici nazionali guardano più al breve termine ed ai piccoli interessi di chi li vota. Troppo spesso abbiamo uomini e leader politici ma non veri Leader.

Oscar 

9 maggio: l’Europa 75 anni dopo la dichiarazione Schuman

Alfredo De Feo

Il 9 maggio è una data importante per l’Europa: la dichiarazione lanciata da Robert Schuman nel 1950 segna l’inizio del progetto europeo ed apre un periodo di pace senza precedenti nella storia dei nostri paesi.

L’idea di costruire la pace in Europa attraverso una collaborazione tra gli Stati, era nata con il Manifesto di Ventotene di Spinelli, Rossi e Colorni e con le esortazioni di Winston Churchill, nei celebri discorsi di Zurigo e dell’Aja. Ma fu Robert Schuman, ministro degli esteri francese, che concretamente raccolse la sfida facendo un appello agli altri Stati. Traducendo la spinta ideale di Spinelli ed altri in azione politica.

L’8 maggio, Robert Schuman presentò il suo piano, preparato nella più grande discrezione insieme a Jean Monnet.  ai ministri dell’Economia del Regno Unito, dell’Italia e dei tre paesi del Benelux. La sera dell’8 maggio, tutti i documenti preparatori furono distrutti. Dopo l’assenso dei Ministri dei 5 paesi,  Schuman inviò un  suo emissario personale a Bonn che informò Konrad Adenauer della proposta francese. La mattina del giorno successivo, appena ricevuta la notizia della reazione entusiasta del Cancelliere  Adenauer, Schuman informò il Governo francese e convocò la conferenza stampa che si sarebbe tenuta al Quai d’Orsay il 9 maggio alle 18.

Robert Schuman presento’ cosi la dichiarazione che avrebbe aperto la strada al processo di integrazione, per piccoli passi, dei sei paesi fondatori della Comunità europea.

La dichiarazione Schuman formulò in modo semplice una serie di obbiettivi che vennero condivisi da statisti come Konrad Adenauer ed Alcide De Gasperi e dai paesi del Benelux. Piccolo particolare le discussioni tra i tre leader dei paesi del dopoguerra avvenivano in tedesco.

Il  linguaggio della dichiarazione è semplice, indica l’obiettivo ambizioso, costruire l’unità dell’Europa, ma in modo realistico « Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.

La motivazione profonda della Dichiarazione, si ritrova nelle prime righe L’Europa

non è stata fatta : abbiamo avuto la guerra…..La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionata ai pericoli che la minacciano.

 

Quindi il 9 maggio 1950 pone l’obiettivo di costruire e preservare la pace.

 

Il ricordo di un anniversario importante non deve però essere un momento rivolto solo al passato ma guardare al presente ed al futuro. L’Europa si è costruita per tappe.  Jean Monnet sosteneva che  l’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà il risultato delle risposte alle crisi. Quando tutto sembrava finito, ma poi tutto ripartiva. Questo ci rende fiduciosi.

 

Nell’Europa di Delors dominava uno idealismo europeo: la realizzazione del Mercato Unico, la caduta del muro di Berlino, l’entusiasmo per le nascenti democrazie nell’europa centrale ed orientale, ed infine, ma non ultimo, la nascita della moneta unica.

L’alba del nuovo millennio ha visto crescere un certo scetticismo sul processo di integrazione. Le difficoltà di integrazione dei paesi entrati a far parte dell’Unione Europea, le crisi finanziare e le crisi dell’Euro, la Brexit, la pandemia, l’espansionismo russo ed infine il cambio di amministrazione negli Stati Uniti obbligano l’Europa di oggi ad una prova difficile il cui risultato non è scontato.

 

D’altra parte intorno a queste crisi si è ricreata una rinnovata unità europea, che ha permesso di negoziare compatti con il Regno unito, di sostenere l’Ucraina, di lanciare il debito comune con il piano di ripresa e resilienza, tutti elementi che, pur con i problemi di applicazione, che hanno ridato speranza e senso di appartenenza Europea ad una maggioranza di cittadini europei.

 

Detto questo, non si possono nascondere segnali preoccupanti: la crescita di partiti nazionalisti e pro russi in molti paesi europei, gli attacchi della nuova amministrazione americana per dividere l’Europa. Lo scenario geopolitico stanno cambiando, ma l’equilibrio non è stato ancora raggiunto. Tutte le dichiarazioni dal Presidente Trump, alla Presidente von der Leyen alla Presidente Meloni e di tutti i leader mondiali fanno parte di un tatticismo che dovrà trovare un punto di caduta.

 

L’Europa ha certo delle debolezze, soprattutto sul piano tecnologico, nella capacità di innovare, debolezze che in buona parte sono attribuili alla non-Europa, cioè tutto quello che l’Europa avrebbe potuto fare ma non ha, ancora, fatto. Le conclusioni del Rapporto Letta sul completamento del mercato unico, e di quello di Mario Draghi sul rilancio della competitività europea ed infine le raccomandazioni della Presidente della BCE Christine Lagarde, che incita a procedere speditamente sulle riforme, danno speranza che ci sono gli spazi per un rilancio europeo.

 

Per concludere, l’Europa ha molte armi per difendere la propria sovranità ed il proprio modello di sviluppo. Non possiamo che augurarci che gli Stati, sotto  l’impulso ed il coordinamento delle Istituzioni europee, prendano le decisioni coraggiose, come hanno saputo fare in passato, perché è cosi che l’Europa di oggi funziona e non ci si deve nascondere dietro il paravento dell’unanimità. Già in passato molte decisioni importanti sono state prese dagli Stati che ci hanno creduto, lasciando la porta aperta agli altri, cosi è stato per la creazione dell’Euro, per l’accordo di Schengen sull’abolizione delle frontiere interne all’Unione. L’Europa dei volenterosi permetterà di fare un balzo in avanti anche in questa crisi.

 

https://www.cvce.eu/en/obj/ninth_and_final_draft_of_the_schuman_declaration_6_may_1950-en-4909847d-df12-4c67-83d2-8e0978da025b.html

Che maggioranza per nominare il Presidente del Consiglio europeo?

Josè Luis Pacheco 

Potrebbe non essere molto importante, ma è indicativo della scarsa conoscenza delle questioni europee da parte del mondo dei media (e di conseguenza dell’opinione pubblica). 

 Molti articoli, tra cui anche alcuni prestigiosi giornali , indicano che l’elezione del Presidente del Consiglio Europeo avviene con decisioni a maggioranza qualificata. Lo stesso vale per la nomina del candidato alla presidenza della Commissione e per l’elezione dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, giusto, ma poi aggiungono che ciò significa il voto favorevole del 55% degli Stati membri, corrispondenti almeno al 65% della popolazione dell’Unione. Ciò equivale a 15 Stati membri (senza prendere in considerazione il fattore popolazione). 

È sbagliato! 

Questo tipo di maggioranza qualificata è richiesta quando il Consiglio o il Consiglio europeo decide su proposta della Commissione. Ma in questo caso non c’è alcuna proposta da parte della Commissione. Sono gli stessi Stati membri a proporre i nomi alle candidature. In questi casi, quando la decisione non è presa sulla base di una proposta della Commissione, la maggioranza qualificata richiede il voto favorevole del 72% degli Stati membri, che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Unione. Ciò significa 20 Stati membri (una bella differenza rispetto a 15). Risulta dall’art. 15, comma 6, TUE e dall’art. 235, comma 1, TFUE, che prevede l’applicazione dell’art. 16, paragrafo 4, TUE e 238, paragrafo 2, TFUE alla procedura decisionale del Consiglio europeo. 

È già abbastanza grave quando tali errori possono essere letti su giornali prestigiosi. Ma è molto peggio quando l’errore si trova sul sito stesso della Commissione europea, che funge da guida per gran parte della stampa e per i cittadini. 

L’agenda politica (tutta da scrivere) della Presidente Von dear Leyen verso il 2030

Alfredo De Feo, Direttore scientifico della Fondazione Collegio europeo di Parma

E’ probabilmente la prima volta, dal 1979, che la stampa ed i media europei hanno dedicato molto spazio all’Europa. Sopite le polemiche che hanno seguito l’approvazione del candidato proposto dal Consiglio europeo, Ursula von der Leyen da parte del nuovo Parlamento europeo, con oltre il 55% dei consensi, é iniziata una fase delicata che dovrà portare alla definitiva approvazione della Commissione che  accompagnerà il processo europeo verso il 2030. 

Il mese di agosto, in particolare, sarà intenso e caldo per la Presidente della Commissione. La Presidente Von Der Leyen dovrà trovare un equilibrio tra il programma che ha presentato al Parlamento europeo, le competenze dei Commissari, la maggioranza parlamentare e il rispetto degli equilibri in seno al Consiglio e, infine, ma non ultimo la parità di genere. Solo il dosaggio di questi elementi potrà garantire una ricetta che eviti ‘indigestioni’ nel momento cruciale dell’ultimo passaggio, davanti al Parlamento europeo, prima della definitiva entrata in funzione della Commissione. 

La Presidente del Consiglio dovrà misurarsi con le ambizioni e le richieste dei ventisette Governi, (di cui 13 sono di centrodestra, 10 di centro sinistra, 2 di destra, con Francia e Belgio con governi in fase di formazione.  

Il Parlamento europeo prima di votare l’approvazione del Collegio, procederà all’audizione fatta dalle rispettive commissioni parlamentari dei singoli deputati. Nel passato, Il Parlamento ha respinto diversi candidati commissari. Il primo caso fu nel 2004 quando il Parlamento respinse la candidatura di Rocco Buttiglione, costringendo il Governo italiano a cambiare candidato ed a nominare Franco Frattini. Questa procedura, pur non prevista dai Trattati, è stata fin ora sempre rispettata dai Governi, il cui candidato non ha superato l’esame parlamentare, per non correre il rischio di vedere respinta l’intera Commissione. 

I Governi, per evitare questo rischio, dovranno fare prova di flessibilità proponendo dei candidati competenti in relazione al portafoglio che la Presidente Von der Leyen attribuirà loro. Un passaggio questo da non sottovalutare, 

I Commissari forgeranno poi, insieme alla Presidente, la politica della Commissione e tra di loro ci saranno anche Commissari vicini a partiti che hanno votato contro la Presidente Von Der Leyen.  

Il vero programma di lavoro della Commissione scaturirà, quindi, dall’equilibrio che si formerà all’interno della Commissione. In realtà, l’agenda politica della Presidente von der Leyen, con cui la Commissione accompagnerà l’Europa verso il 2030 è tutto da scrivere. 

Il discorso programmatico della candidata presidente al Parlamento europeo ha avuto sicuramente un valore politico, soprattutto riguardo il suo impegno personale, ma non costituisce di per sé un programma di lavoro. Una volta insediata, la Commissione dovrà preparare le proposte e non potrà non tener conto degli equilibri in seno alla Commissione, della consistente minoranza parlamentare e dei nove governi, cinque facenti capo al gruppo dei Conservatori ECR (Italia, Finlandia, Cechia, Svezia e Belgio) mentre quatto sono collegati al gruppo dei Patrioti. Questi partiti variano tra euro opportunisti, euro critici euro scettici o anti europei. 

Al di là del programma presentato al Parlamento europeo, il compito della probabile Presidente della Commissione fino al 2029 sarà molto più complesso. Le proposte che usciranno dal Collegio dei Commissari dovranno affrontare una procedura legislativa che si può concludere solo con un compromesso tra i due rami del potere legislativo. La Commissione dovrà favorire il miglior compromesso ma non potrà non tener conto delle tendenze emerse dal voto europeo e delle posizioni di un terzo degli Stati, pur sapendo che l’unanimità non è sempre necessaria in seno al Consiglio. 

La vera sfida per la Presidente Von Der Leyen sarà quella di impostare una politica europea più sostenibile per i cittadini e le imprese europee, solo questa agenda politica potrà ridurre quello spazio di malcontento che ha in buona parte alimentato i partiti nazionalisti. 

Pubblicato Gazzetta di Parma 5-8-2024