L’esame di Ursula VON DER LEYEN: passata o respinta?

Il Discorso sullo Stato dell’Unione 2025 della Presidente Ursula von der Leyen, tenuto il 10 settembre al Parlamento europeo di Strasburgo, ha rappresentato uno dei momenti politici più densi della legislatura. Con toni urgenti e una visione ad ampio raggio, von der Leyen ha tracciato una rotta che intreccia sicurezza e difesa, gestione delle crisi internazionali, transizione verde, politiche sociali e rafforzamento della democrazia europea.

Tra i passaggi chiave spiccano: la definizione di una tabella di marcia per la difesa comune e il sostegno all’Ucraina attraverso nuovi strumenti finanziari; le misure nei confronti di Israele e il rinnovato impegno per una soluzione a due Stati; l’annuncio di nuovi strumenti commerciali e industriali per sostenere la transizione verde e la competitività europea; la strategia per il mercato unico e l’accelerazione tecnologica; un’attenzione rafforzata alla giustizia sociale, con la Strategia contro la povertà e il Quality Jobs Act; la creazione di strumenti per contrastare disinformazione e manipolazione sui social media; e infine un forte richiamo all’unità europea e alla difesa dei valori comuni.

A seguire, presentiamo l’analisi e le riflessioni di Alfredo De Feo, Direttore scientifico del Collegio europeo di Parma, che offre una chiave di lettura critica e personale di questo passaggio cruciale per l’Unione europea. Discorso della Presidente von der Leyen sullo stato dell’Unione 2025

 

Di Alfredo De Feo – Pubblicato sulla Gazzetta di Parma in data 11/09/2025

Nella mattinata del 10 settembre, Ursula von der Leyen si è presentata davanti al Parlamento europeo con un discorso di novanta minuti sullo stato dell’Unione, chiamando in causa non solo le istituzioni, ma l’intera ossatura democratica europea.

Il discorso era rivolto soprattutto ai gruppi politici che, sia pur con differenze, sostengono globalmente il progetto europeo. Da questo punto di vista la Presidente von der Leyen ha potuto registrare una maggioranza, anche più ampia di quella che l’ha sostenuta, nel suo secondo mandato. La Presidente potrà contare su una maggioranza,  che di volta in volta, si potrà appoggiare sui popolari, i socialisti, i liberali, i verdi ed i conservatori (il gruppo guidato da Fratelli d’Italia), e tutti i gruppi sia pur con molti distinguo, hanno potuto ritrovare punti importanti per le loro richieste.

Il discorso si è tenuto in un momento di crescente fragilità politica per la Presidente, caratterizzata da critiche per la gestione del commercio estero, e per l’atteggiamento spesso remissivo nei confronti del Presidente Trump e tensioni interne all’UE, in particolare legate all’applicazione di sanzioni alle big tech per violazione della legislazione europea.

Il programma di proposte avanzate è ambizioso, mira a difendere in modo non ambiguo l’indipendenza, la sicurezza, la competitività e la sovranità europea. Ma queste idee riusciranno a tradursi, in tempi relativamente brevi, in proposte chiare per mettere gli Stati Membri di fronte alle proprie responsabilità, oppure la Commissione ripiegherà sul consueto negoziato informale per garantirsi il sostegno minimo necessario? Il dubbio è legittimo e nel secondo caso le proposte rischiano di arrivare al nastro di partenza già denaturate. D’altra parte, negli ultimi 12 mesi solo l’11% delle oltre 400 raccomandazioni dei Rapporti Draghi e Letta è stato concretamente adottato, segno di un’ambizione spesso frenata dalla difficoltà di convergenza tra i ventisette.

Il discorso ha cercato di compiacere le istanze europeiste, ma ora la sfida è continuare a mostrare nei fatti visione e leadership, dando concretezza alle intenzioni con proposte coraggiose e convincere i governi che, investire nelle priorità comuni, convenga a ciascuno Paese.

Nel contempo, bisogna essere realisti, difficilmente le misure proposte troveranno l’unanimità degli Stati, ma questo non deve impedire di procedere con gli Stati pronti a progredire, attraverso la cooperazione rafforzata prevista dai Trattati, la stessa formula che, tra l’altro, ha permesso di dare vita all’Euro.

E’ quindi auspicabile che la Commissione svolga pienamente il suo ruolo istituzionale, ma non va dimenticato che sono gli Stati che detengono i cordoni della borsa, e la maggior parte delle proposte hanno un costo supplementare. La vera difficoltà consisterà nel convincere gli Stati che investire nelle priorità europee porterà un vantaggio a tutti gli Stati. Questa è la missione più difficile della Presidente Von der Leyen. Una sensibilizzazione e mobilitazione dell’opinione pubblica su questi temi sarà decisiva per influenzare i negoziati intergovernativi e garantire maggior sicurezza, competitività ed indipendenza agli Stati, all’Europa e soprattutto alle future generazioni.

L’esito dell’esame, dunque, appare ancora sospeso: soltanto se la Commissione saprà tradurre le promesse in azioni concrete e convincere gli Stati a sostenere la svolta progettuale, von der Leyen potrà dirsi promossa. In caso contrario, sarà la credibilità delle istituzioni a pagare il prezzo più alto, mettendo a rischio il futuro stesso dell’Unione europea.

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