Un anno dopo il Rapporto Draghi: sfide e prospettive per la competitività europea

Il 16 settembre 2025 la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e Mario Draghi hanno aperto la High-Level Conference – One year after the Draghi report: what has been achieved, what has changed.
A un anno dalla pubblicazione del suo rapporto sulla competitività europea, Draghi ha fatto il punto sulle sfide più urgenti per l’Unione: crescita, resilienza, sicurezza economica, transizione verde e digitale.
Un intervento lucido e incisivo, che invita l’Europa a reagire con maggiore rapidità, unità e ambizione.

👉 Guarda il video completo dell’intervento di Mario Draghi: Audiovisual Service – European Commission President Ursula von der LEYEN hosts the conference “One Year After the Draghi Report”

L’esame di Ursula VON DER LEYEN: passata o respinta?

Il Discorso sullo Stato dell’Unione 2025 della Presidente Ursula von der Leyen, tenuto il 10 settembre al Parlamento europeo di Strasburgo, ha rappresentato uno dei momenti politici più densi della legislatura. Con toni urgenti e una visione ad ampio raggio, von der Leyen ha tracciato una rotta che intreccia sicurezza e difesa, gestione delle crisi internazionali, transizione verde, politiche sociali e rafforzamento della democrazia europea.

Tra i passaggi chiave spiccano: la definizione di una tabella di marcia per la difesa comune e il sostegno all’Ucraina attraverso nuovi strumenti finanziari; le misure nei confronti di Israele e il rinnovato impegno per una soluzione a due Stati; l’annuncio di nuovi strumenti commerciali e industriali per sostenere la transizione verde e la competitività europea; la strategia per il mercato unico e l’accelerazione tecnologica; un’attenzione rafforzata alla giustizia sociale, con la Strategia contro la povertà e il Quality Jobs Act; la creazione di strumenti per contrastare disinformazione e manipolazione sui social media; e infine un forte richiamo all’unità europea e alla difesa dei valori comuni.

A seguire, presentiamo l’analisi e le riflessioni di Alfredo De Feo, Direttore scientifico del Collegio europeo di Parma, che offre una chiave di lettura critica e personale di questo passaggio cruciale per l’Unione europea. Discorso della Presidente von der Leyen sullo stato dell’Unione 2025

 

Di Alfredo De Feo – Pubblicato sulla Gazzetta di Parma in data 11/09/2025

Nella mattinata del 10 settembre, Ursula von der Leyen si è presentata davanti al Parlamento europeo con un discorso di novanta minuti sullo stato dell’Unione, chiamando in causa non solo le istituzioni, ma l’intera ossatura democratica europea.

Il discorso era rivolto soprattutto ai gruppi politici che, sia pur con differenze, sostengono globalmente il progetto europeo. Da questo punto di vista la Presidente von der Leyen ha potuto registrare una maggioranza, anche più ampia di quella che l’ha sostenuta, nel suo secondo mandato. La Presidente potrà contare su una maggioranza,  che di volta in volta, si potrà appoggiare sui popolari, i socialisti, i liberali, i verdi ed i conservatori (il gruppo guidato da Fratelli d’Italia), e tutti i gruppi sia pur con molti distinguo, hanno potuto ritrovare punti importanti per le loro richieste.

Il discorso si è tenuto in un momento di crescente fragilità politica per la Presidente, caratterizzata da critiche per la gestione del commercio estero, e per l’atteggiamento spesso remissivo nei confronti del Presidente Trump e tensioni interne all’UE, in particolare legate all’applicazione di sanzioni alle big tech per violazione della legislazione europea.

Il programma di proposte avanzate è ambizioso, mira a difendere in modo non ambiguo l’indipendenza, la sicurezza, la competitività e la sovranità europea. Ma queste idee riusciranno a tradursi, in tempi relativamente brevi, in proposte chiare per mettere gli Stati Membri di fronte alle proprie responsabilità, oppure la Commissione ripiegherà sul consueto negoziato informale per garantirsi il sostegno minimo necessario? Il dubbio è legittimo e nel secondo caso le proposte rischiano di arrivare al nastro di partenza già denaturate. D’altra parte, negli ultimi 12 mesi solo l’11% delle oltre 400 raccomandazioni dei Rapporti Draghi e Letta è stato concretamente adottato, segno di un’ambizione spesso frenata dalla difficoltà di convergenza tra i ventisette.

Il discorso ha cercato di compiacere le istanze europeiste, ma ora la sfida è continuare a mostrare nei fatti visione e leadership, dando concretezza alle intenzioni con proposte coraggiose e convincere i governi che, investire nelle priorità comuni, convenga a ciascuno Paese.

Nel contempo, bisogna essere realisti, difficilmente le misure proposte troveranno l’unanimità degli Stati, ma questo non deve impedire di procedere con gli Stati pronti a progredire, attraverso la cooperazione rafforzata prevista dai Trattati, la stessa formula che, tra l’altro, ha permesso di dare vita all’Euro.

E’ quindi auspicabile che la Commissione svolga pienamente il suo ruolo istituzionale, ma non va dimenticato che sono gli Stati che detengono i cordoni della borsa, e la maggior parte delle proposte hanno un costo supplementare. La vera difficoltà consisterà nel convincere gli Stati che investire nelle priorità europee porterà un vantaggio a tutti gli Stati. Questa è la missione più difficile della Presidente Von der Leyen. Una sensibilizzazione e mobilitazione dell’opinione pubblica su questi temi sarà decisiva per influenzare i negoziati intergovernativi e garantire maggior sicurezza, competitività ed indipendenza agli Stati, all’Europa e soprattutto alle future generazioni.

L’esito dell’esame, dunque, appare ancora sospeso: soltanto se la Commissione saprà tradurre le promesse in azioni concrete e convincere gli Stati a sostenere la svolta progettuale, von der Leyen potrà dirsi promossa. In caso contrario, sarà la credibilità delle istituzioni a pagare il prezzo più alto, mettendo a rischio il futuro stesso dell’Unione europea.

Europa: Eppur si muove

Di Alfredo De Feo

Quando si vive una vita normale, fatta di preoccupazioni quotidiane, bambini, salute necessità di risolvere gli inevitabili problemi, piccoli e grandi, è difficile concentrarsi su quanto avviene nel mondo, le strategie geopolitiche, i rischi per la nostra economia quindi per il nostro stile di vita ed il nostro benessere, per il futuro dei nostri figli. È difficile ma dobbiamo farlo.

Per lunghi decenni, la coesistenza tra i paesi si è basata su una serie di principi basilari: il rispetto della democrazia e dell’autonomia dei vari paesi, il rispetto delle regole internazionali, il non uso della forza per risolvere tensioni, la promozione di un commercio mondiale sempre più libero e senza barriere doganali che aumentasse il benessere dei cittadini in modo generalizzato. Il tutto garantito da una serie di organizzazioni internazionali.

Ci piaccia o no, la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina nel febbraio 2022 ha innescato una svolta negli equilibri del mondo. Le tensioni in Medio-oriente, al confine sud dell’Europa, hanno aggravato la situazione.

L’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, nel gennaio 2025, ha portato un ulteriore scossone all’equilibrio mondiale, con un forte impatto sull’Europa ed i suoi Stati. Non ho bisogno di enumerare i proclami ed i contro proclami del Presidente Trump e del suo cerchio ristretto. I governi europei devono affrontare le sfide e prendere delle decisioni difficili, sapendo guardare al medio-lungo termine, piuttosto che ai sondaggi immediati ed avere la capacità di spiegare ai cittadini il senso di scelte che possono apparire nel breve termine impopolari.

Il mandato all’unanimità dato dagli Stati e dalla maggioranza del Parlamento europeo è un primo segnale che l’Europa è pronta a stare unita e cominciare a creare delle sinergie in materia di difesa. L’altro aspetto positivo, che traspare dal libro bianco, è che si comincia a costruire qualcosa partendo dagli Stati, con l’obiettivo di coordinare meglio la produzione e gli acquisti di materiale bellico, sviluppare una condivisione di informazione dei servizi di intelligence nazionali, lo stesso vale per la tecnologia le comunicazioni e cosi via.

Una buona parte di queste iniziative, che vedremo meglio solo quando saranno presentate le proposte, saranno finanziate con debito comune garantito da tutti gli Stati. Sull’esempio di quanto fatto con il Next Generation EU. Questo piano, favorito dall’ allentamento delle regole del Patto di Stabilità, dovrebbe a termine consentire agli Stati Europei di essere più autonomi nella difesa del proprio territorio e dei propri valori, una prima risposta al disimpegno americano dalla difesa dell’Europa.

A questo, si deve segnalare la svolta in atto in Germania dove, sotto la guida del futuro cancelliere, Friederich Merz, sarà votata una riforma costituzionale per sopprimere il limite di spesa per finanziare spese legate alle infrastrutture all’ambiente ed alla difesa. Una vera e propria rivoluzione.

Seconda emergenza, quella del commercio. Il Presidente Trump ha iniziato ad introdurre dazi su molte merci importate, dando vita alle ritorsioni da parte dei paesi colpiti, creando di fatto un forte impoverimento dell’economia dei paesi (Europei e non) colpiti. Difficile dire a questo stadio tali dazi siano l’obiettivo finale del Presidente americano o solo una strategia negoziale, ma nei due casi questi atteggiamenti richiedono delle prese di posizione da parte dell’Europa, altrettanto forti. Con posizioni forti e decise sarà d’altra parte più facile negoziare.

Difficile dire se i leader europei sapranno essere solidali tra di loro nell’interesse di difendere la sovranità nazionale ed europea. È una grande opportunità ma non è sicuro che tutti sappiano coglierla. D’altra parte va ricordato che i Trattati europei prevedono la possibilità di portare avanti azioni con la cosiddetta “cooperazione rafforzata” (con la partecipazione di almeno nove stati) o in ultima analisi, attraverso accordi tra gli Stati, al di fuori del quadro giuridico dell’Unione Europea, come per esempio stanno facendo Francia ed Inghilterra per garantire il sostegno all’Ukraina (la coalizione dei volenterosi).

Per concludere, l’opinione pubblica dovrebbe essere cosciente che le sfide che abbiamo di fronte non riguardano gli altri ma noi stessi, la nostra libertà i nostri valori, non vogliamo lasciare ai nostri figli la scelta se vivere da sudditi americani o sudditi cinesi o russi ma di essere orgogliosamente europei con le nostre identità nazionali. Può essere motivo di ottimismo sapere che la generazione Erasmus è più avanti e questo lo ha già assimilato.

Pubblicato sulla Gazzetta di Parma 18 Marzo 2025

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